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mercoledì 23 giugno 2010

Percorsi fluidi

“L’acqua è il principio di tutte le cose; le piante e gli animali non sono che acqua condensata e in acqua si risolveranno dopo la morte”.
Così scriveva Talete…
di Anna Sustersic



“Ma cos’ha di così speciale questa Val Rosandra?” mi chiede un’amica, che di Trieste ha visto ancora troppo poco. Ci penso. Il lato didattico si imbaldanzisce subito pronto a esibirsi in vegetali dissertazioni e geologiche teorie… non è la risposta che cerco. Come spiegare una sensazione? “Perché è rara!” Rispondo ben consapevole che a questo punto dovrò chiarire a me e all’amica, assolutamente insoddisfatta, la risposta. L’acqua la rende rara. Ogni gusto, ogni architettura, ogni attività che questa terra ha visto fiorire, nasce sotto il segno di un complesso e reverenziale rapporto con l’acqua. Siamo figli di un amore possessivo. Ogni piega, ogni forma del paesaggio carsico è concreta testimonianza di una passione erosiva… Il Carso occulta geloso la sua liquida amante… troppo preziosa! La accoglie, e lei con chimica sensualità si scava una strada verso il suo cuore, un mondo dove nessuno la può seguire. L’eccezionale occasione di poterla vedere, di sentirla passare, di goderne i benefici, rende da sempre alcuni posti magici. Posti nascosti, piccoli angoli all’interno del bosco, posti misteriosi in cui viene disperatamente rubata alla roccia per il pascolo degli animali, posti capricciosi in cui va e viene con le stagioni, posti rasserenanti, piccoli microcosmi fantasy in cui scorre allegra, posti epici di vertiginosa bellezza. Ognuno di questi merita una visita, e in ognuno di questi il fascino idrico assume volti diversi. Percedol, perso in una delle più profonde doline del Carso, è un angolo fuori dallo spazio e dal tempo, e sebbene la passeggiata sia breve, la discesa che porta al fondo della dolina è come un viaggio fuori dal mondo: in pochi passi si assiste alla mutazione della vegetazione tipica della boscaglia carsica, in una misteriosa faggeta, dove le dimensioni degli alberi parlano del tempo. Salici, ninfee e un placido, costante, ipnotico gracidare ne fanno indubbia dimora di Naiadi, e chi ama i momenti di solitaria meditazione e di contemplazione rapita (e non odia gli insetti), troverà qui il perfetto ambiente per una sosta di raccoglimento. Ma l’acqua, proprio in virtù della sua rarità, e del suo sapersi assolutamente indispensabile, veniva venerata come saggia consigliera, e in lei riposta la fiducia di veritiere visioni. Specchi d’acqua e pozzi diventavano finestre sul futuro, rievocatori di passato, conferendo al coraggioso inquisitore, saggia consapevolezza. Mi viene in mente la vecchia cisterna romana. Ovçjak la chiamano. Luogo strano e intrigante. Anche qui, godendosi una breve passeggiata nel bosco, attraverso una breve discesa si raggiunge il fondo dolina, completamente occupato da una grande cisterna circondata da un muretto a secco. La cisterna, le cui ultime ristrutturazioni risalgono a metà ‘800, è in un perfetto stato, che non ne nasconde però il fascino antico. Creata come riserva idrica per la popolazione, in seguito jazera e sorgente per le locomotive, ammicca richiamando lontani pleniluni, quando - mi piace pensare - la sua superficie veniva interrogata, in estatiche notti rituali. Oggi un interessante manto di lemnacee nasconde il mistero della divinazione, dando un’aria di selvaggio oblio al sito. Ma, per chi non fosse appassionato di misteri e magie al chiaro di luna, la vista in questo singolare angolo di Carso vale la pena dal punto di vista naturalistico (un cartello all’inizio del percorso descrive la notevole diversità dell’ecosistema). E dagli specchi ai fiumi... al fiume! L’unico che abbiamo fortuna di vedere, intuendo solo il labirintico intrecciarsi degli altri, sotto i nostri piedi. “In tutto il Carso c’è una sola valle, in fondo alla quale scorre un fiume. Questo fiume si chiama Rosandra”. Con parole imponenti “il racconto del Carso” presenta la Val Rosandra; un mondo nel mondo. Qui da sempre l’acqua lavora con l’uomo. È stata l’energia che muoveva i mulini, è stata compagna delle donne che lavavano i panni delle gran signore di città, è stata ghiaccio, è stata la Dea a cui dedicare auree offerte, è stata imbrigliata nell’ingegno romano dell’acquedotto. È qui, in onore di questo intimo complice rapporto, ognuna delle 21 vasche che il torrente ha scavato per riposarsi ha il suo nome. Sicuramente merita sedersi sulla sponda del fiume e rimanere a guardare… o a sentire, il tranquillo scorrere delle malinconiche lacrime della sfortunata Rosandra, che lenendo il dolore del mancato amore non manca di alleviare le sofferenze termiche del meditabondo passeggiatore. Dicono che l’acqua del fiume conferisca forza invincibile a chi ci si immerge, che lavi le colpe, che ridoni la memoria. Stare seduta sulla riva del Rosandra a me invece fa piacevolmente dimenticare tutto! Piccolo mondo pacifico, capace di trasmettere una tranquilla serenità percorrendo uno dei tanti sentieri che la attraversano. E dalla tranquilla atmosfera della Rosandra alla monumentale bellezza di Rakov Scocjan. Il fiato manca e le parole non bastano. In un’appassionante alternarsi di sorgenti e inghiottitoi, di ponti naturali e caverne, di placide vasche e cascate, l’acqua qui compare e scompare, indiscussa primadonna, capricciosa come il suo donatore. Le acque del Rio arrivano dal non lontano Cerkniško Jezero (lago del Circonio), che alterna stagionalmente una generosa distesa d’acqua di 26 km2 ad un’ampia pianura erbosa nei periodi di siccità. Una romantica strada forestale corre vicino al fiume, in uno splendido bosco di faggi, fra ponticelli, prati e vasche quiete. Bellissima da percorrere a piedi o in bici, è ricca di cartelli informativi sulle rarità idrogeologiche dell’area protetta. Un’esperienza!

L’amica sta ancora aspettando… ora mi spiegherò, ma prima… un brindisi, un ultimo omaggio all’acqua, sapientemente impreziosita in un perfetto matrimonio alla triestina che prende il nome di SPRIZ!



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