martedì 1 settembre 2009
Ed eccomi qua - Editoriale n°1
Caro lettore,
ben ritrovato!
Spero di averti stuzzicato e incuriosito con i miei articoli del Numero Zero; se invece mi sfogli per la prima volta, ti saluto e mi presento velocemente. Sono una nuova rivista nata dalla voglia di un gruppo di persone (gruppo Volentieri) di creare uno spazio per esprimere la loro creatività e dare voce ad interessi ed argomenti che stanno loro a cuore. Il Numero Zero ha conquistato con i sui articoli ben oltre 200 persone e questo numero si annuncia ancora più ricco e variegato perché altri autori hanno voluto cimentarsi proponendo nuovi temi per le mie pagine. Ritroverai, caro lettore affezionato, alcune rubriche a cui sicuramente ti sarai già appassionato: la rubrica di Philomena l’angolo di Trieste da riscoprire, la ricetta del mese, un altro sentiero del Carso da esplorare ed el canton del cruciverba. Nell’angolo delle buone idee ti propongo alcuni nuovi temi: le banche del tempo, il recupero dei prodotti dai supermarket ed il “sedizioso” giardinaggio abusivo/rivoluzionario.
Il tempo d’estate e di viaggio mi ha ispirato a parlarti di car pooling e di turismo responsabile, buona pratica di cui poi potrai leggere anche un esempio nel resoconto di un viaggio in Islanda.
Troverai la seconda puntata sull’autorecupero solidale, un’intervista all’aquilano Collettivo99 che lavora per una ricostruzione sostenibile dopo il terremoto di aprile e la presentazione della Marcia Mondiale della Pace e la Nonviolenza che passerà a Trieste il 7 novembre. Darò voce al “Partito del spritzeto” ed alla sua rilassata soluzione al problema energetico. Ti parlerò di arte con un articolo sui manifesti d’artista e infine, come ogni rivista che si rispetti, anch’io da questo numero saprò scrutare il cielo e suggerirti i consigli degli astri con il mio oroscopo sostenibile.
Prima di lasciarti alla lettura, voglio proporti un’ultima riflessione. Si può diffondere un’idea o un pensiero sia scrivendo (ed io ne divento il messaggero), sia agendo concretamente. Ed è proprio con questo spirito che il gruppo Volentieri ha organizzato nei mesi appena passati alcuni eventi presso il circolo Arci Stella di Longera (grazie per l’ospitalità!) che hanno richiamato e coinvolto veramente molte persone.
Ecco qua sotto un breve resoconto dei “mercoledì allo Stella”, e non solo...
Attività promosse dal gruppo Volentieri, luglio 2009:
1/7 “aperitivo a km0” per promuovere l’uso dei prodotti locali;
7/7 danza, a cura di Ambra Cadelli (ACTIS), e aperitivo nell'ambito della mostra fotografica dell'autore Francesco Fantini;
8/7 incontro/dibattito sulla TAV con Dario Predonzan e Dario Gasparo;
15/7 cena “una casa para todos” per presentare e finanziare il progetto dell’associazione Kallipolis e Ingegneria Senza Frontiere per lo sviluppo di un centro polifunzionale a Quito (Ecuador);
22/7 serata sul tema del “turismo responsabile” della quale troverai alcune riflessioni in un articolo;
29/7 cena per presentare e finanziare il progetto dell’associazione Musoco “l’oro del Mozambico
La giacca che visse due volte
di Valentina Daelli
Finita la tendenza dell’usa e getta, riscoprire la seconda e la terza vita delle cose inizia a diventare una risorsa interessante per molti, anche in ambiti, come la moda e il design, che tradizionalmente hanno fatto dell’esclusività e della novità un dictat per i consumatori.
Che sia la crisi, o un sempre crescente interesse verso uno stile di vita sostenibile, si diffonde l’idea di resuscitare oggetti vecchi o inutilizzati per trasformarli in nuovi prodotti o semplicemente far cambiar loro proprietario.
E allora via a mercatini, più o meno artigianali, più o meno organizzati, più o meno fashion, per offrire a tutti l’occasione di rimettere in circolazione quei vestiti che non mettiamo da anni, il doppione di un libro o di un cd, il frullatore che non ci serve più ora che ne abbiamo uno nuovo.
Dalle piazze ai circoli culturali, quest’anno il baratto è sbarcato anche alla settimana della moda di Milano, con uno swap-party (una festa dello scambio) organizzato dall’associazione Atelier del Riciclo, che ha puntato a conciliare l’alta moda e il design con l’ecologia. Il baratto, infatti, è un risparmio non solo per il portafoglio: barattare una valigia (20 kg) di vestiti fa risparmiare la quantità di energia necessaria a far funzionare senza interruzioni una tv per un anno e 7 mesi.
E c’è già chi ha pensato di esportare l’esperimento in altre città italiane. Lo Swap Club Italia, fondato nel 2009, ha già organizzato a Bologna e a Roma due giornate dedicate allo scambio di abiti e accessori di moda, ed eventi in altre città sono già in agenda. Senza aprire il portafoglio, lo scambio ci permette di sbarazzarci di acquisti avventati, di abiti immettibili dopo il nostro ultimo cambio di taglia, di regali poco azzeccati, e ci concede di rinnovare il guardaroba senza sensi di colpa e con il consueto rilascio di endorfine.
Oltre ad essere scambiati, i vecchi oggetti possono essere trasformati, rinascendo in nuove forme e funzioni, conciliando la sostenibilità e l’edonismo della moda.
Alla Stazione Rogers di Trieste, in riva Grumula 14, è allestita fino a fine novembre la mostra Fashion&Design Menoperpiù, curata da Mateja Benedetti e Massimiliano Schiozzi. Moda e design uniti dalla stessa filosofia di sostenibilità tra uomo e ambiente, di riutilizzo creativo di forme originariamente destinate ad altri usi, di ricerca di materiali inesplorati. Abiti scultorei e teatrali, realizzati riciclando cotton-fioc; tessuti diversi conciliati nella realizzazione di oggetti multifunzionali, come un abito che può diventare cuscino, una borsa che si può trasformare in giacca. E tra gli oggetti, che si rifanno ad un’idea di design etico e sostenibile, un set di bicchieri in vetro graduati, che indicano gli sprechi pro capite di un rubinetto che perde o dell’acqua consumata innaffiando un giardino. Vassoi ricavati dalla fusione di vecchie bottiglie di vetro; spille e pendenti realizzati con antichi piatti di porcellana.
E se queste iniziative hanno il merito e l’importanza di avvicinare ad una visione del mercato più sostenibile e consapevole anche gli utenti che non rinunciano al lusso e alla moda, è anche vero che non tutti conserviamo nell’armadio
abiti di grandi firme da scambiare nelle swap boutique, né siamo tutti in grado di trasformare un vecchio servizio da tè in un oggetto di design all’avanguardia…
Per chi abbia voglia comunque di partecipare ad una giornata di scambio e di mettersi alla prova con la realizzazione di nuovi prodotti recuperati da materiali e oggetti non più utilizzati, il gruppo Volentieri organizza nei locali del circolo Arci Officina (in via Manzoni n. 9-11) una serie di appuntamenti dedicati al Mercatino di riuso/riciclo/recupero.
La prima data proposta è domenica 22 novembre. Se vuoi essere informato sulle prossime date scrivi alla redazione: arcivolentieri@gmail.com.
Che aspettate?
Aprite i cassetti, svuotate gli armadi, mettete al lavoro la creatività!
Car Pooling, Car Sharing O … Car Fusion!?!?
…Se in un pigro pomeriggio d’estate…
L’Islanda in bus
La marcia per la pace
Manifesti d’artista
Interviste di M.S., testo di Elisa Vladilo
E’ un’iniziativa che coinvolge gli spazi pubblicitari situati in Via Fabio Severo, in corrispondenza del Foro Ulpiano: i tabelloni grandi, per intenderci, quelli di 3 metri per 6, dove solitamente vengono affisse le pubblicità.
Durante il periodo di Manifesti d’Artista, alcuni di questi spazi vengono invece occupati da proposte fatte da vari artisti, percorrendo diverse tematiche scelte da loro stessi: la natura, l’ecologia, la situazione sociale attuale, l’arte stessa, e via dicendo, alternandosi ogni due settimane, da giugno a metà ottobre, con una pausa nel mese di agosto.
L’idea ha origine a Belfast (Irlanda del Nord), dove negli anni ‘90, il Comune stesso organzizzava un evento analogo, Billboard Art Site Project, al quale ho partecipato, e che ho poi proposto in Italia. Iniziative simili esistono in varie parti del mondo.
L’intento è quello di portare l’arte fuori da un sistema ristretto, dove solo un limitato numero di persone usufruiscono dell’arte stessa, per entrare nella vita quotidiana di tutti, permettendo in questo modo a chiunque di entrarne in contatto.
E’ uno dei principi che ha dato vita alla Public Art alla fine degli anni 60, prima negli Stati Uniti e poi in Europa, con il proposito di far uscire l’arte dalle gallerie e dai musei.
Nel 2007, Maria Campitelli, la sottoscritta e il Gruppo 78, hanno dato vita ad un progetto molto articolato sull’arte pubblica, Public Art a Trieste e dintorni, occupandosi di documentare, informare e realizzare, alcuni degli aspetti dell’arte negli spazi pubblici. All’interno di tale progetto è nato anche Manifesti d’artista.
In questa prima edizione hanno preso parte gli artisti del Gruppo 78: Massimo Premuda, Myriam Del Bianco, Daniela Frauisn, Cristina Lombardo, Novella Predonzan, Guillermo Giampietro, Paola Vattovani, Fabiola Faidiga, Barbara Stefani, Giuliana Balbi, Marisa Ulcigrai, Pierpaolo Ciana, Luigi Merola, Elisa Vladilo, ed inoltre la quarta classe dell’Istituto d’Arte Nordio, e Bastiaan Arler.
Anche quest’anno partecipano artisti da tutto il mondo :
Aneglo Pretolani, Erika Stocker, Massimo Deganutti, Anda Klancic, Luca Scarabelli, Carlo Buzzi, Ulli Vonbank Schedler, Martin Dickinger, Heimo Wallner, Manuela Sedmach, Laura Malacart, Anna Pontel, Barbara Fassler, Annalisa Cattani, Giancarlo Norese, BridA.
Nucleare? Chi vuol esser lieto sia, ma doman no xe frescheza!
Ragionamenti sul problema energetico italiano e sul nucleare, affrontati con triestina scientificità.
di Diego Manna
La centrale nucleare ha una potenza di 1GW, lavorando 24 ore al giorno produce 24 GWh. In Italia ci sono 20000000 nuclei familiari. Se tutti installano 4 lampadine a basso consumo al posto di quelle ad incandescenza risparmiamo già 16 GWh al giorno. La lampadina a basso consumo ha una potenza di 11W, quella a incandescenza 60 W, quindi circa 50 W di differenza. Per 4 lampadine accese 4 ore al giorno (soggiorno o cucina) fa un risparmio a famiglia di 800 Wh/g, quindi per 20000000 fa 16 GWh/g. Se poi ogni famiglia spegne 3 apparecchi che solitamente stanno in standby risparmiamo altri 6 GWh al giorno: un apparecchio in standby ha una potenza di 4W e lavora 24 ore al giorno. 3 apparecchi consumano 288 Wh/g, circa 300 Wh/g quindi, per 20000000 fa 6 GWh/g.
Conclusione del partito del spritzeto: se tutte le famiglie cambiano 4 lampadine e spengono 3 apparecchi in standby risparmiamo 22 GWh/g, praticamente ci serve una centrale nucleare in meno.
L’idea che sta alla base del partito del spritzeto è che la domanda da porsi non è quale sia il tipo di centrale di cui abbiamo bisogno, ma piuttosto se riusciamo a non avere bisogno di una centrale. Così, mentre gli altri lavoreranno per costruire una nuova centrale, per trovare il materiale, per gestirla e per buttar via le scovazze, el partito del spritzeto non farà assolutamente niente ottenendo gli stessi risultati, e magari utilizzando el tempo guadagnado per beverse un spritz.
Insoma, vota spritzeto! Studa la luce!
Il giardinaggio anonimo, rivoluzionario e planetario di Lorenza Zambon
Era il 1966 quando l’Adriano cantava dinoccolato “là dove c’era l’erba ora c’è…una città-a-a-a-a!” E il cemento in effetti si è propagato ovunque, sempre più strisciante: marciapiedi, strade, capannoni industriali, parcheggi e spesso piazze totalmente prive di terra, di erba, di piante…un territorio ingrigito e spoglio che rattrista gli animi e lascia molti spazi abbandonati.
Ma qualcuno, come al solito, ha deciso di ribellarsi…chi l’ha detto che il giardinaggio è un hobby riservato a simpatiche vecchiette con la palandrana a fiori ed il cappello di paglia! Il giardinaggio, di questi tempi, è anche rivoluzione urbana! Certo appare inizialmente, quello del GIARDINAGGIO ANONIMO RIVOLUZIONARIO, un concetto poco chiaro, che accende la curiosità della sottoscritta, inviata speciale in terra padana…siamo a Padova difatti, in una serata di inizio luglio, nel bel mezzo delle vecchie mura…in un circolo il cui nome è tutto in un programma: i “giardini sospesi”!
Lo spettacolo è divertente, coinvolgente e provoca un’irresistibile voglia di andarsene in giro per le città con una manciata di semi in tasca, osservando gli spazi che avrebbero bisogno di qualche cura in più…cominciando la propria piccola, personale, significativa rivoluzione.
Per chi volesse vedere Lorenza dal vivo, i prossimi appuntamenti sono il 5 settembre ad Asti, agli Stagni di Bellangero con il festival “Naturalmente Arte”e per il 26 settembre a Genova, a Palazzo Ducale, con la “Prima lezione di giardinaggio per giardinieri anonimi rivoluzionari”. E per approfondimenti su arte, giardinaggio e rivoluzione, per consigli su come costruire un critical garden ovvero il “MANUALE DEL GIARDINO ABUSIVO”, per aderire al movimento “STOP AL CONSUMO DI TERRITORIO” ecco alcuni siti web da consultare:
http://www.casadeglialfieri.it/
http://criticalgarden.netsons.org/wp/
http://www.greenguerillas.org/
http://www.stopalconsumoditerritorio.t
Nuovi recuperi: Last Minute Market
“Non bisogna sprecare nemmeno un minuto e neanche un prodotto! Last Minute Market offre servizi che rendono possibile il recupero delle merci invendute, senza valore commerciale, ancora idonee per essere utilizzate”. Questa è la prima frase che ci accoglie sul sito di Last Minute Market, un progetto interdisciplinare nato nel 1998 da un’attività di ricerca del Dipartimento di Economia e Ingegneria dell’Università di Bologna, diventato poi uno spin-off nel 2004.
Last Minute Market è coordinato da Andrea Segrè, preside della Facoltà di Agraria, e cerca di porre un rimedio allo spreco che avviene ogni giorno nelle nostre città, permettendo che il cibo che i supermercati scartano venga donato a mense e centri di assistenza. Trasformare quindi lo spreco in risorsa. Last Minute Market rende possibile il recupero delle merci invendute, che non hanno più un valore commerciale, ma possono ancora essere consumate.
Ogni giorno i supermercati gettano in discarica i prodotti alimentari che, vicini alla scadenza, non possono più essere venduti e comunque non verrebbero acquistati. Chi non ha mai evitato di comprare il latte più vicino nel banco frigo per prendere la confezione dietro, quella più nascosta che però scade due giorni dopo? Questo è un grosso problema per i commercianti, che si ritrovano sugli scaffali merce a breve o brevissima scadenza e sono obbligati a sostituirla con merce “più nuova”.
Frutta e verdura vengono buttate anche se ancora integre. Devono essere esteticamente belle perchè un acquirente medio decida di metterle nel proprio carrello della spesa. Gli standard imposti richiedono che mele e banane siano perfette, senza macchie e ammaccature. Poco importa se cassette piene di cibo vengono buttate nei cassonetti per fare posto ai nuovi prodotti.
Un gruppo di ricercatori e consulenti è disponibile per aiutare gli utenti nell’attivazione della rete di contatti necessaria per avvicinare enti profit (come i supermercati) ai no-profit e per lo svolgimento delle pratiche burocratiche e igienico-sanitarie della distribuzione.
Attualmente Last Minute Market è attivo in nove regioni italiane (Veneto, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Liguria, Toscana, Abruzzo, Sicilia e Sardegna) e, grazie a progetti di cooperazione internazionale, anche in Argentina e Brasile.
Il tempo ritrovato
C'è un solo modo di dimenticare il tempo: impiegarlo? (Charles Baudelaire). Breve viaggio nelle Banche del Tempo, che aspirano a liberare il tempo da ogni equazione economica.
di Valentina Daelli
Quanto dura un’ora? E una settimana?
Un metro cubo d’aria respirata in coda alle poste. Due millimetri di suola consumati in primavera. Quattro caffè in una mattina (una mattina difficile, diciamo). Millesettecento tasti per venti minuti di parole.
Inserire il nostro tempo nella contabilità di fine mese può risultare meno banale di quanto appaia a prima vista.
“Non si sommano le mele con le arance”, ammoniva saggiamente la mia professoressa di matematica, suggerendo che confrontare il valore di oggetti o attività non omogenei richiede il ricorso ad una comune unità di riferimento.
E’ il denaro l’unita’ che scegliamo normalmente per confrontare oggetti che hanno poco a che fare l’uno con altro. Mele e arance. Libri, coltelli e stabilimenti balneari. Tutto diventa confrontabile in quanto monetizzato.
E per un complesso sommarsi di oscure ragioni di mercato, i 12 minuti in cui l’idraulico smanetta sotto il mio lavandino valgono 10 volte di più delle 2 ore e 7 del mio film preferito, nella buia e rassicurante aria condizionata di un cinema.
Logica vorrebbe che lasciassimo gocciolare i lavandini e guardassimo più film, ma le necessità della vita, ahimè, remano spesso contro la logica.
Un diverso approccio al problema di attribuire un valore ad attività disomogenee è offerto dalle Banche del tempo.
Perché in fondo qualcosa hanno in comune una lezione di tennis e un taglio di capelli, una coda alla cassa del supermercato e l’annaffiatura di un giardino, ed è il tempo che dobbiamo dedicare per portare a termine le diverse attività.
La Banca del tempo nasce dall’idea di un modello di economia alternativa, realizzata su scala locale e svincolata dalla moneta. Diffusa in Europa, negli Stati Uniti e in Sud America, la Banca del tempo arriva in Italia all’inizio degli anni novanta. Da una prima esperienza realizzata da un gruppo di donne a Santarcangelo di Romagna, l’idea si diffonde rapidamente in diversi centri italiani.
La Banca del tempo è un sistema di scambio in cui l’unità di misura dei beni scambiati è il tempo. Si offre la propria disponibilità a fornire un servizio, a condividere un sapere, e si acquisisce il diritto a ricevere una diversa prestazione della stessa durata. Il tempo fornito e il tempo richiesto hanno lo stesso valore.
Un’ora di giardinaggio per un’ora di idraulico. Il sogno di molte massaie.
Turismo responsabile: cos’è, come si fa e perchè
Qualche suggerimento e spunto per affrontare la prossima stagione delle vacanze con qualche idea in più. Il turismo responsabile infatti ci permette di conoscere un territorio, la sua cultura e la sua gente, nel rispetto dell'ambiente e delle risorse locali.
Fine giugno, il sole scurisce la nostra pelle chiara ed i suoi raggi caldi annunciano che è oramai tempo di vacanza e di decidere la meta. Gli amici ci sommergono di consigli su possibili viaggi, mete, tempi ed anche sullo stile del nostro viaggiare. Qualcuno ci suggerisce che viaggiando in un certo modo si può fare del turismo responsabile. Ma cosa significa turismo responsabile?
Sotto l’astro dorato l’interrogativo è ancor più scottante ed esige una risposta corroborante. Armati di secchiello e paletta …ehm di pennarelli, cartelloni e un orologio per non divagare troppo, ci ritroviamo (noi del gruppo Volentieri e non solo) in una serata di fine luglio per ragionare su cosa sia il turismo responsabile e su come si possa realizzare in pratica. Grazie all’esperienza delle nostre amiche dell'associazione Kallipolis usiamo uno schema di “incontro di progettazione partecipata”: dal lavoro di piccoli gruppi emergono idee e pensieri che poi sono condivisi e discussi assieme per giungere infine ad una sintesi, nella speranza di chiarire qualche dubbio... E tra salame, birra, frizzi e lazzi , ecco che cosa emerge.
Infatti per noi turismo responsabile è una forma di turismo poco invadente, che si adatta ai luoghi e alle culture del luogo, rispettoso ma allo stesso tempo curioso e partecipe. Richiede quindi consapevolezza di chi parte, ma anche di chi accoglie, perché è un modo di viaggiare ispirato ai valori della sostenibilità e solidarietà, e non solo alla ricerca di divertimento. E' importante perciò che si crei un rapporto di fiducia reciproca tra chi viaggia e chi ospita.
Durante la serata maturiamo l’idea che il turismo responsabile è una forma di economia alternativa nel rispetto delle realtà sociali, che mira ad un minore impatto sul territorio. Il turista responsabile è, pertanto, cosciente dell’impatto socioeconomico ed ambientale del proprio viaggiare. I benefici (economici, ambientali e culturali) del turismo dovrebbero ricadere sulla popolazione che ospita il viaggiatore, mentre gli “effetti collaterali” dovrebbero essere quantomeno contenuti.
Alcune azioni emerse sono:
1. rispetto all’alloggio: cercare di evitare le catene di alberghi e preferire Bed&Breakfast o alberghi a conduzione locale, che favoriscano il contatto con le persone; anche chiedere direttamente ospitalità sul posto può essere una valida opzione (ad esempio il couch surfing, rete di persone che mettono a disposizione un divano di casa per i viaggiatori, o la possibilità di “permutare” la casa per il periodo delle vacanze con un'altra famiglia interessata a passare un periodo nella nostra città, ecc.);
2. rispetto al cibo: cercare non le catene delle grandi ristorazioni, ma ristoranti locali, non fidarsi troppo delle guide, ma chiedere alla gente e magari visitare i mercati per familiarizzare con cibo, modi e usanze locali. Inventarsi il modo di creare situazioni di slow food, perché anche attraverso il cibo si conosce il posto che si sta visitando;
3. rispetto al trasporto: prediligere i mezzi pubblici, la bici, il camminare ai mezzi inquinanti, o comunque considerare sempre il mezzo più ecocompatibile alla luce delle esigenze e disponibilità locali; inoltre viaggiare lenti (possiamo chiamarlo slow travelling?) perché a bassa velocità ci possiamo far contagiare più facilmente;
4. rispetto all’ambiente e al territorio: orientare la presenza e le azioni verso la conservazione dei luoghi e la minor produzione di rifiuti.
Da un lato emerge la convinzione che essendo il turismo una fonte non trascurabile per molte economie locali, quanti più turisti responsabili sono in viaggio tanto più le comunità locali possono beneficiarne. Tuttavia il turismo responsabile deve calibrarsi alla capacità di accogliere del luogo, per questo non può essere troppo concentrato. Se possibile quindi sono da prediligere le realtà piccole (o nel caso anche quelle grandi, purché la ricchezza prodotta sia solidale, ovvero distribuita sull'intera comunità) e diluire le partenze e la presenza nel tempo.
E per rendere più diffusa la conoscenza del turismo responsabile durante la discussione proponiamo qualche idea:
- creare uno sportello dell’ecoturismo e del turismo responsabile (sito web, facebook, punto info) per dare idee di viaggio e per condividere le esperienze;
- incentivare la formazione di tour operator responsabili coinvolgendo le associazioni locali e ricercando delle certificazioni;
- divulgare e sensibilizzare l'opinione pubblica (incontri e serate) sui reali benefici, economici e di equità verso le popolazioni locali, del turismo responsabile.
Per approfondire sul turismo responsabile ecco qualche sito web:
http://www.aitr.org/site/senegal/articoli.php?id=14 Associazione italiana turismo sostenibile
http://www.viaggiemiraggi.org/ cooperativa di treviso che organizza viaggi responsabili
Turismo Responsabile. Nuovi paradigmi per viaggiare in terzo mondo di Renzo Garrone (Editore: Associazione Ram)
Andare a quel paese. Vademecum del turista responsabile di Duccio Canestrini (2008, 188pp. ed. Feltrinelli)
Turisti Responsabili di Umberto Di Maria (2004, 150pp. ed. Terre di Mezzo, 10€) propone un elenco abbastanza esauriente dei TO, esempi di viaggi, costi e date
Una risposta concreta al problema casa (seconda puntata)
Dove eravamo rimasti?
Carlo, con la sua borsa di studio all’università, non può di certo permettersi una casa di proprietà ai prezzi di mercato. E come lui molte altre persone che vivono in prima persona l’emergenza abitativa di cui tanto parlano i media. Ma forse il suo amico Paolo ha trovato una soluzione possibile: l’autocostruzione/autorecupero. In due parole, ci si fa la casa da soli.
Paolo ha sentito parlare di autocostruzione/autorecupero assistito su una rivista di informazione locale: tale tipo di intervento consente di diventare proprietari di un alloggio abbassando i costi del 50-60% rispetto ai prezzi di mercato. Ciò è possibile fondamentalmente per due motivi: la manodopera viene fornita dai futuri inquilini, soci della cooperativa di autocostruttori/autorecuperatori che propongono e realizzano l’intervento con l’assistenza di tecnici abilitati. L’utile d’impresa semplicemente non c’è, perché è la cooperativa stessa a realizzare i lavori.
La città in cui vivono Carlo e Paolo non ha molti terreni per nuove costruzioni ma è piena di alloggi ed edifici sfitti, spesso lasciati in stato di abbandono (da questo punto di vista ricorda molto Trieste...). Per questo motivo puntano ad un intervento di autorecupero su uno stabile già esistente, piuttosto che all’autocostruzione di un edificio nuovo.
E adesso? Vista la forte valenza sociale e partecipativa di tali soluzioni, è normale che i principali referenti a cui appoggiarsi per la loro realizzazione siano le istituzioni locali. Ed ecco che Carlo e Paolo, muniti di grande entusiasmo e di tutta la documentazione del caso, spiegano al sindaco dalla loro città cos’è l’autorecupero/autocostruzione, illustrano i benefici ed i vantaggi che i cittadini e l’amministrazione pubblica ne possono trarre, senza peraltro tralasciare i numerosi (e spesso non banali) passaggi da compiere per giungere alla fine di questo percorso.
Se le istituzioni locali (comuni, assessorati alle politiche sociali, aziende per l’edilizia residenziale, ecc...) sono interessate, si può partire con la mappatura degli edifici disponibili sul territorio: immobili sfitti di proprietà pubblica (ma anche privata) che necessitano di interventi di manutenzione. Tale mappatura deve indicare il tipo di immobile e le superfici/volumi complessivi, la proprietà e la disponibilità di quest’ultima ad eseguire la manutenzione con la metodologia dell’autorecupero, l’eventuale presenza di locatari/occupanti (nel caso di stabili non completamente sfitti) e la loro eventuale disponibilità a partecipare all’intervento di autorecupero.
Un’ulteriore classificazione deve indicare l’entità dell’intervento necessario: in alcuni casi sono sufficienti solo lavori di finitura e leggere modifiche alle partizioni interne, in altri sono necessari interventi strutturali ed impiantistici più importanti.
Sembra che Carlo e Paolo se la stiano cavando bene: hanno trovato altre due persone interessate al progetto, un sindaco attento ai temi dell’abitare sostenibile... e un’intera caserma dismessa da autorecuperare!
Adesso c’è bisogno di nuovi inquilini/autorecuperatori: è quindi fondamentale la diffusione ad ampio raggio delle informazioni sui benefici ed i vantaggi delle pratiche di autocostruzione/autorecupero, sia a livello istituzionale, che per i singoli cittadini.
In Friuli Venezia Giulia, la sensibilizzazione dell’opinione pubblica su queste tematiche sta procedendo anche grazie al progetto LEGO (Laboratori E Giornate perla sOlidarietà). I volontari ed i professionisti coinvolti in LEGO hanno partecipato a vari festival in Regione (“BIOEST” a Monfalcone, “Festival delle Diversità” e “Sottolostessocielo” a Trieste e “Fare Pace” a Udine) diffondendo materiale informativo e coinvolgendo la cittadinanza con allestimenti e dibattiti pubblici.
Il 26 settembre verrà inoltre presentato a Trieste il corso di formazione sulle tematiche della solidarietà e del sostegno sociale (con particolare riguardo all’ambiente abitativo urbano ed al diritto alla casa). Il corso, finanziato dalla Regione Friuli Venezia Giulia tramite il progetto “AUTO-SOLIDALE”, inizierà ad ottobre.
Sarà possibile approfondire le tematiche dell'abitare solidale anche seguendo il corso post laurea “MAUS – Metodologie per un Abitare Urbano Solidale” che l'Istituto di Ricerche Economiche e Sociali - IRES (http://www.iresfvg.org) lancerà il prossimo ottobre nella sede di Trieste.
A livello istituzionale c'è la volontà politica di varare una nuova legge sulla casa che includa anche le pratiche di autocostruzione ed autorecupero. A tutti i cittadini interessati non resta che mantenere alta l’attenzione su questi temi in attesa delle decisioni delle amministrazioni locali e regionali!
Per maggiori informazioni:
ARCI Trieste - http://www.arcitrieste.org/
Kallipolis - http://kallipolis.net/