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mercoledì 23 giugno 2010

Acqua: una questione di scelta, la nostra

Conoscere per decidere cosa possiamo fare per salvare un risorsa comune
di Barbara Rossini e Gianpiero Cossarini


L'ultimo capitolo sulla storia della gestione dell'acqua in Italia è stato scritto il 19 novembre 2009, data in cui il Parlamento ha approvato il decreto Ronchi, che radica e accelera il processo di privatizzazione dei servizi pubblici locali, di dismissione della proprietà pubblica e delle relative infrastrutture, in atto già da molti anni. L'obiettivo dichiarato dal nostro Ministro per le Politiche comunitarie nel sottoporlo al Governo è stato l'attuazione di obblighi comunitari e l'esecuzione di sentenze della Corte di Giustizia della Comunità Europea. Ha così inserito un articolo, l'art.15, che stabilisce di affidare la gestione dei servizi pubblici locali di “rilevanza economica” tramite una gara ad evidenza pubblica, a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunità Europea. Ciò che forse non è molto noto però, è che è a totale discrezione dei singoli Stati membri, stabilire quali siano i servizi ritenuti di “rilevanza economica” e non compete a Bruxelles né dare indicazioni in merito né imporre gare e concorrenza. Nel caso dell'acqua, basta pensare all'esempio di Parigi. Il sindaco della capitale francese non ha rinnovato la concessione in scadenza a fine 2009 a due tra le più grandi multinazionali dell'acqua, Suez e Veolia, che dalla metà degli anni Ottanta si occupavano di distribuire l'acqua e di fatturare il consumo idrico dei cittadini. Dal 1 gennaio 2010, Delanoë ha preferito riprendere il controllo diretto dell'acquedotto cittadino affidandone la gestione a “Eau de Paris”: un ente di diritto pubblico e non una società per azioni, operando una scelta del tutto in linea con le norme europee: ma nel nostro bel Paese si preferisce puntare sulla mistificazione. Nel corso degli anni abbiamo assistito a una progressiva deresponsabilizzazione dello Stato, che ha preferito trovare nel privato la panacea di ogni male piuttosto che porre rimedio a quelle gestioni pubbliche che si sono rivelate a vario titolo fallimentari, favorendo allo stesso tempo una visione basata sul profitto e sulle leggi di mercato nei confronti di un bene che è vita e che non dovrebbe essere considerato l'oro blu del nostro tempo. Certo, la volontà di riappropriarsi di una gestione o meglio ancora di un governo pubblico dell'acqua significa soprattutto imparare dai fallimenti del passato per tentare di dare il via a un nuovo corso. Significa, come sostiene il Manifesto dell'Acqua, riaffermare che l'acqua è un bene comune e un diritto inalienabile dell'umanità. “Che l'accesso all'acqua, potabile in particolare, è un diritto umano e sociale imprescrittibile che deve essere garantito a tutti gli esseri umani indipendentemente dalla razza, l'età, il sesso, la classe, il reddito, la nazionalità, la religione, la disponibilità locale d'acqua dolce. Che la copertura finanziaria dei costi necessari per garantire l'accesso effettivo di tutti gli esseri umani all'acqua, nella qualità sufficiente alla vita, deve essere a carico della collettività, secondo le regole da essa fissate, normalmente tramite la fiscalità ed altre fonti di reddito pubblico. Lo stesso vale per i servizi legati alla totalità del servizio idrico integrato, cioè a quell'insieme di servizi di captazione, adduzione e distribuzione dell'acqua ad usi civili, di fognatura e depurazione delle acqua reflue. Che la gestione e la proprietà dei servizi sono una questione di democrazia, fondamentalmente un affare della cittadinanza e in senso più esteso della collettività. Non solo dei consumatori e soprattutto non in mano ai distributori”. Nel 2007, su iniziativa del Forum italiano dei movimenti per l'acqua costituito da centinaia di comitati territoriali e da un numero crescente di realtà sociali e culturali che si oppongono alla privatizzazione, ben 406mila persone aventi diritto di voto sottoscrissero la proposta di legge d'iniziativa popolare concernente: “Principi per la tutela , il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripublicizzazione del servizio idrico”, che prevede che i gestori del servizio idrico integrato siano solo enti di diritto pubblico (aziende speciali, consorzi) e disciplina le modalità di partecipazione dei lavoratori e delle comunità locali ai processi decisionali. Inoltre, stabilisce che gli investimenti siano coperti anche dallo Stato, ricorrendo alla fiscalità generale (basterebbe destinare al servizio idrico anche solo il 5 per cento della spesa militare prevista nella Finanziaria) e non solo dalle aziende, che si garantiscono un profitto sulla tariffa delle bollette pagate dai cittadini pari al 7% a remunerazione del capitale investito. Piccola nota, purtroppo il testo è tuttora fermo e in attesa di essere discusso presso la Commissione Ambiente della Camera dei deputati. Ora siamo di fronte a una nuova sfida. Il 24 e il 25 aprile è partita ufficialmente in tutta Italia la raccolta firme per promuovere 3 referendum per la ri-publicizzazione dell'acqua, per l'acqua bene comune; 500mila le firme necessarie da raggiungere entro il 4 luglio per poter sottoporre i tre quesiti al giudizio della Corte Costituzionale e, se ritenuti ammissibili, andare alle urne.

In breve, con il primo quesito si propone l'abrogazione dell'art. 23 bis [dodici commi] della Legge n.133/2008 relativo alla privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica; con il secondo si propone l'abrogazione dell'art.150 [quattro commi del Decreto Legislativo n.152/2006 c.d. Codice dell'Ambiente], relativo alla scelta della forma di gestione e procedure di affidamento, segnatamente al servizio idrico integrato; con il terzo si propone l'abrogazione dell'art. 154 del D.Lgs n.152/2006 [c.d. Codice dell'Ambiente], limitatamente a quella parte del comma 1 che dispone che la tariffa è il corrispettivo del servizio idrico ed è determinata tenendo conto della remunerazione del capitale investito.

Per avviare un'inversione di tendenza e riappropriarci del significato della parola democrazia. Per noi, per preservare l'acqua per le future generazioni, per garantirla ai più poveri e al Sud del mondo. Per fermare la mercificazione di un diritto.

Fonti:

www.acquabenecomune.org

www.contrattoacqua.it

Martinelli Luca, L’acqua è una merce, ed. Altreconomia, 2010



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