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martedì 1 dicembre 2009

Arte Condivisa

Cos'è, dov'è e perché "Arte relazionale".

MS intervista Roberta Cianciola che insieme a Massimo Premuda si impegna in questa ricerca dove il coinvolgimento degli abitanti diventa l'opera d'arte

di M.S.

L’arte relazionale è una specifica applicazione dell’arte pubblica e si rivolge essenzialmente ad un pubblico di persone che condivide una situazione assunta come oggetto di indagine artistica.

L’arte pubblica è connotata dal fatto che non si manifesta nei luoghi deputati ad accogliere ordinariamente le opere artistiche (musei, gallerie...), ma si realizza in luogo pubblico e il fruitore dell’opera artistica diventa soggetto che compie l’opera.

In più nell’arte relazionale, i rapporti tra gli individui sono allo stesso tempo oggetto di indagine e frutto dell’intervento artistico. Roberta e Massimo sono due degli esponenti di spicco di questo metodo artistico che operano sul territorio, mantenendo come base Trieste.

Entrando nello specifico domando a Roberta e Massimo: L’arte pubblica crea un legame con il fruitore, una relazione diretta, una condivisione, una partecipazione? L’artista relazionale ha sempre di fronte a sé un “compagno di strada”?

Si, è proprio così, intendendo per legame un processo creativo condiviso tra gli artisti e i partecipanti all’opera, nel quale gli artisti stimolano il pubblico coinvolto indicando possibili percorsi da intraprendere e, dopo aver condiviso e individuato il più idoneo, lo realizzano assieme.

Per capirci, solitamente veniamo incaricati da amministrazioni, enti o altri soggetti, di indagare su una questione che gravita in un luogo e che riguarda ovviamente le persone che vivono o lavorano in quel territorio, il più delle volte si tratta di un nodo da sciogliere o almeno da decifrare, utilizzando un metodo che non sia uno di quelli tradizionalmente utilizzati.

Per prima cosa frequentiamo l’ambiente che sarà interessato dall’intervento artistico e lo viviamo come osservatori privi di pregiudizio, con lo scopo di percepirne le condizioni vitali, sociali, morfologiche e fisiche che lo connotano.

Accumulate le informazioni necessarie alla nostra indagine, ci poniamo delle domande che diverranno il questionario relazionale da rivolgere, in forma di intervista, alle persone con le quali concretamente realizzeremo l’evento. Cerchiamo di creare un percorso attraverso il quale si possa giungere ad una visione creativa e alternativa rispetto alla situazione di partenza. Con l’intento di attivare un percorso virtuoso, che darà i suoi frutti anche nel tempo successivo alla conclusione del nostro intervento artistico.

Quale è la reazione delle persone al vostro arrivo?

Sicuramente lo stupore delle persone, che precede qualsiasi nostra attività artistica, è dovuto al fatto che noi ci presentiamo come artisti che si interessano della loro esistenza e delle loro condizioni, allo scopo di vivere un’esperienza comune e di innescare un sentire e un pensare diversi riguardo a questioni della loro vita quotidiana. Infatti i temi sui quali indaghiamo fanno parte del quotidiano delle persone di un determinato luogo; noi chiediamo a queste persone uno sforzo di comprensione sulla loro vita, offrendoci di accompagnarli nella ricerca.

Sentite un atteggiamento di resistenza (privacy)?

Siamo impegnati al massimo per non essere “colonizzatori”, non conosciamo nessuna verità e desideriamo stare a fianco delle persone con le quali ci relazioniamo. Anche riguardo le risorse tecniche, preferiamo utilizzare ciò che rinveniamo nel territorio o che ci viene offerto. Le persone sentono questa nostra predisposizione interiore e ci accolgono sempre con spirito collaborativo. Per noi, anche l’eventualità di essere rifiutati rappresenta una sensata espressione del singolo individuo.

I vostri interventi hanno dato dei frutti?

Per alcuni interventi abbiamo vissuto sul posto, insieme agli abitanti, l’inizio della trasformazione nella loro realtà quotidiana.

Ad esempio a Spoleto, dopo cinque giorni di intervento, abbiamo organizzato una tavola rotonda alla quale hanno partecipato rappresentanti politici e culturali della città che hanno ripreso un dialogo rimasto interrotto da circa una decina d’anni.

Questo per noi è un frutto.

È questo il prodotto artistico?

Sì, il prodotto artistico è la trasformazione, che si innesta nel sentire, nel pensare e nell’agire delle persone direttamente coinvolte e che fa sperimentare a queste persone di avere, dentro se stessi, la “soluzione” della questione. Questo metodo facilita l’emersione di una verità di cui le persone sono portatrici. Ovviamente lavoriamo sempre con strumenti che sono anche estetici e nella forma di video, o di realizzazione di eventi o di allestimenti in luoghi pubblici (con preferenza per quelli in disuso e abbandonati).

La documentazione di ciò che accade durante gli eventi artistici la pubblichiamo sul web per la più ampia diffusione possibile.

Ricordi un episodio buffo accaduto durante qualche intervento realizzato?

Sì, ed è un ricordo molto fresco! Durante l’happening festoso conclusivo del progetto “Microstorie affollano il confine”, realizzato a Rabuiese nel luglio del 2008, alla presenza di un folto pubblico, e di varie autorità, stavo intervistando il Sindaco di Trieste e gli rivolgevo le domande del questionario già proposto a più di 500 persone.

Verso metà intervista mi accorgo che il Sindaco mi sta osservando in una maniera un po’ divertita e io, non capendone il motivo, continuo imperterrita con le domande, tentando anche di minimizzare il suo sguardo. Verso la fine del nostro dialogo, registrato da emittenti locali e straniere, realizzo: gli ho dato sempre del tu! A quel punto il Sindaco mi abbraccia calorosamente, e per fortuna percepisco di essere di fronte a una persona dotata di evidente capacità di sorridere! Mi sono detta: “Roberta, non cambierai mai!”

Quale è il progetto che preferisci?

Sicuramente quello che non abbiamo ancora realizzato, ma sul quale stiamo lavorando da tempo in fase progettuale. È l’approfondimento di un tema per noi molto significativo, fortemente simbolico, e riguarda il confine di una città che ha vissuto per quasi 60 anni divisa in due Stati caratterizzati in maniera profondamente diversa.

Avete capito di cosa si tratta?



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